Disagio Creativo n.011

«Vissero infelici perché costava meno». È una delle massime contenute in “Parliamo dell’elefante” di Leo Longanesi. Un diario brillante, composto tra il 1938 e il 1946, che fotografa l’Italia di quello sciagurato periodo, e, rileggendolo, anche un po’ di questo.

Creata con Midjourney

«Vissero infelici perché costava meno». La felicità, dunque, costa? Sì, se poniamo come vero che l’esprimere se stessi, “produrre molto frutto” come scrivevo la settimana scorsa, significhi trovare la propria essenza e “guarire” il proprio bambino interiore.

Esempio personale: a me da piccolo è mancata tantissimo una figura in grado di raccontarmi storie, di spiegarmi le cose, di dare risposte ai miei “perché”. E per tanto, tanto tempo, ogni volta che qualcuno non è stato in grado di spiegarsi con me è stato come rivivere il disagio infantile.

Io ridivento bambino e la persona che non sa spiegarsi diventa mia madre, o mio padre. Dopo anni, avendolo capito, sono riuscito a guardare sotto una nuova luce diversi conflitti che ho avuto con altri nel passato.

Quindi, ogni volta che cerco il modo migliore di scrivere un’idea, quel modo per cui anche un bambino possa capire cosa voglio dire, lo sto scrivendo per me, per il me bambino, affinché non si perda più, al fine di farlo uscire dalla buia gabbia in cui per anni è rimasto confinato.

Avere cura di quel bambino significa esprimere la propria essenza, e costa molta, molta fatica ma nulla offre soddisfazione equiparabile. Nulla offre simile felicità. Ed ecco perché costa.

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Sonja Lyubomirsky, professoressa di Psicologia all’Università della California, e scrittrice del libro The How of Happiness, afferma che la felicità è «un sentimento di gioia, di soddisfazione, accompagnato dalla percezione che la vita sia ricca di significato e valore».

Ecco: la sensazione che la propria vita sia significativa e utile.

La Harvard Study of Adult Development rappresenta lo studio più esteso mai realizzato sull’argomento della felicità. Iniziato nel 1938, ha coinvolto 724 giovani di Boston, metà dei quali studenti ad Harvard e l’altra metà provenienti da contesti meno privilegiati. Tra di loro, figurano personalità come Ben Bradlee, futuro direttore del Washington Post, e John F. Kennedy, che diverrà il 35° presidente degli USA. I risultati, presentati nel libro The Good Life: lessons from the world’s longest scientific study of happiness, sono sorprendenti. Non sono la ricchezza o il successo professionale a garantire la felicità, bensì l’esprimere la propria creatività (in disparate forme), e i rapporti sociali.

Uno studio del 2016 dell’Università di Otago (Nuova Zelanda), chiamato Everyday creative activity as a path to flourishing, ha chiesto a 658 persone di registrare per 13 giorni il loro livello di creatività e il loro stato emotivo. I risultati hanno mostrato un aumento dell’entusiasmo nei giorni successivi a quelli più creativi. Tamlin Conner, autore della ricerca, ha poi dichiarato: «Questi dati suggeriscono un particolare circolo virtuoso per il benessere e la creatività. Impegnarsi in un comportamento creativo porta a un aumento del benessere il giorno successivo, e questo aumento del benessere, probabilmente, faciliterà l’attività creativa lo stesso giorno».

Ci sono altri studi sul tema, che sono arrivati alle stesse conclusioni: se ti interessa chiedi pure e ti inoltrerò i link.

Nel frattempo, 3 suggerimenti pratici per essere più creativi e felici:

  • Crea una tua vision board, una rappresentazione visiva dei tuoi obiettivi in un determinato campo. Su un foglio puoi incollare immagini, colori, foto, citazioni, che ti facciano sentire come se quegli obiettivi tu li avessi già raggiunti. Attacca la vision board in un punto facile da raggiungere col tuo sguardo almeno una volta al giorno (meglio la mattina appena svegli).

  • Ogni tanto balla, o canta. Sono due attività per le quali il nostro cervello rilascia una serie di sostanze preziose come la dopamina e l’ossitocina, utili per settare il nostro buonumore e per aumentare la fiducia in noi stessi.

  • Prova a rendere felici gli altri, poiché come diversi studi hanno confermato (come quello svolto da Titova e Sheldon nel 2021 Happiness comes from trying to make others feel good, rather than oneself), rendere felici gli altri è il modo più funzionale ed efficace per raggiungere la propria felicità.

Un abbraccio 🤗

Luca

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