Disagio Creativo n.019

Oggi sono molto nel disagio e poco nel creativo. Per due motivazioni in particolare: 1) è morto il mio MacBook e ho dovuto comprare un nuovo pc, con le lacrime agli occhi per la spesa e sentendomi uno schiavo della tecnologia; 2) inizio a farmela sotto per le riprese dell’episodio pilota della docuserie di Coolinary Explorers di inizio gennaio, dato che ci sono ancora troppi punti in sospeso. [Bonus: in momenti del genere mi capita anche di pensare a cose assurde, tipo aver calcolato che da qui in avanti, se la salute mi assisterà, potrei avere a disposizione circa 17mila giorni di vita (anzi, togliendo una media di 7 ore di sonno al giorno, scendiamo a circa 12mila), e mi sembrano molto pochi… vabbé].

Ho fatto quindi una delle cose che in questi momenti mi riportano un po’ di calma: leggere gli stoici

Ci sono gli stoici che hanno parlato del significato dell’essere liberi, e poi c’è Epitteto. Il suo nome in greco significa “l’acquisito” (Epitteto ed epiteto hanno la stessa etimologia, infatti l’epiteto è l’accostamento a un sostantivo, di un suo elemento caratterizzante). Nonostante la condizione di partenza, la sua tenacia, il suo sguardo sul mondo e la sua straordinaria autosufficienza fecero di lui il simbolo assoluto della capacità dell’essere umano di trovare la libertà anche nelle circostanze peggiori.

Creata con Midjourney

Per tutta la vita camminò zoppicando, a causa delle indicibili torture in schiavitù : «La zoppia è un difetto della gamba — diceva — non della volontà». Epitteto scelse di considerare la sua zoppia solo come un impedimento fisico; e infatti fu proprio l’idea di scelta il nucleo centrale del suo pensiero.

Per Epitteto, nessun essere umano è pienamente responsabile di ciò che gli accade nella vita. Nella sua visione è come se fossimo i personaggi di un’opera teatrale, in cui se lo sceneggiatore «si diverte a farti vestire i panni di un povero, di uno zoppo, di un governante o di un privato cittadino, tu li vestirai con naturalezza. Perché il tuo ruolo è quello di interpretare al meglio il personaggio che ti è stato assegnato. Ma la scelta del personaggio appartiene a qualcun altro».

E lui fece proprio così.

A un certo punto, poco dopo aver compiuto trent’anni, Epitteto ottenne la libertà dalla schiavitù, legalmente e anche dal punto di vista spirituale.

La vita lo metteva ora davanti a nuove scelte, le stesse che ognuno di noi si trova ad affrontare all’inizio dell’età adulta: come guadagnarsi da vivere? Come godere di questa libertà? Cosa fare della propria esistenza?

Epitteto scelse di dedicarsi appieno alla filosofia. A differenza di altri stoici, che erano stati senatori e generali, consiglieri e ricchi ereditieri, Epitteto fu uno dei primi a scegliere quello che oggi chiameremmo il percorso accademico.

L’intuizione più potente di Epitteto come insegnante nasce direttamente dalla sua esperienza di schiavo. Anche se tutti gli esseri umani a un certo punto entrano in contatto con le leggi dell’universo, a Epitteto veniva ricordata ogni giorno la sua pressoché totale assenza di controllo su qualunque cosa, persino sulla propria persona. Quando iniziò a studiare e a comprendere lo stoicismo, inserì questa lezione in quello che descrisse come il nostro «compito principale della vita». Si trattava di «identificare e scindere i tanti aspetti di un problema, per vedere con chiarezza quali non rientrano sotto il nostro controllo e quali invece hanno a che fare con le scelte che possiamo gestire». In altre parole, capire cosa dipende da noi e cosa non dipende da noi (il detto greco ta eph’ hemin, ta ouk eph’hemin). Una volta che abbiamo riorganizzato la nostra visione del mondo sotto questa precisa categorizzazione, non resta altro che concentrarsi su ciò che dipende da noi. 

I nostri comportamenti, le nostre emozioni, le nostre esigenze e i nostri desideri, il nostro punto di vista su ciò che ci è accaduto: Epitteto credeva che, per quanto gli esseri umani non avessero alcun potere di intervenire sulle condizioni esterne, potevano comunque scegliere come reagire.

«Ogni situazione ha due maniglie — insegnava ai suoi allievi — . Una di queste è debole, mentre l’altra è forte. Indipendentemente dalla nostra condizione, indipendentemente da quanto la nostra situazione sia difficile, abbiamo sempre la possibilità di scegliere quale delle due maniglie afferrare. Sceglieremo di vedere che nostro fratello è uno sciocco egoista, oppure faremo in modo di ricordare a noi stessi che condividiamo la stessa madre, che gli vogliamo bene e che anche noi abbiamo a nostra volta degli istinti riprovevoli?».

Questa decisione, quale maniglia afferrare, giorno dopo giorno, con ogni persona con cui ci relazioniamo e con noi stessi, determina il tipo di vita che avremo. E il tipo di persona che saremo. 

Un abbraccio 🤗

Luca

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